Se non sai gestire le emozioni, le emozioni gestiranno te.
— Doc Childre e Deborah Rozman
Vi è mai capitato di avere a che fare con una ferita talmente ampia da necessitare diversi strati di sutura o di dubitare addirittura che si possa suturare? A me si.
E vorrei darvi speranza: si sutura e si cicatrizza tutto, ma è importante imparare alcune cose, perchè nel nostro sistema percettivo reattivo, di cui abbiamo parlato nell’altro post, le emozioni eseguono sempre benissimo la loro funzione, ma siamo noi che che mal interpretiamo i segnali che ci vengono mandati. Quindi non sono le emozioni ad andare in tilt, ma la maniera in cui le percepiamo e costruiamo. Per questo nella consulenza breve stategica si punta ad offrire una esperienza emozionale correttiva.

Le sensazioni di base – che secondo la teoria di Ekman sono sei (gioia, rabbia, tristezza, disgusto, paura e vergogna) – rappresentano la possibilità che ognuno di noi ha, di poter costruire tramite l’esperienza, la propria personale gamma di emozioni, in adesione con le esperienze di vita sia interne che esterne. In questo modo si costruisce il modello percettivo reattivo di ogni individuo, cioè il gli occhiali con cui guardiamo il mondo, che filtrano le percezioni che abbiamo, e che nel contempo le costruiscono. Nel modello breve stategico Nardone-Watzlavick, le sensazioni di base cui si fa riferimento sono 4 (piacere, dolore, rabbia, paura) e sui livelli delle sensazioni si struttura il sano e il patologico.
Veniamo a me.
Mi lego con grande parsimonia, e, soprattutto, velocemente mi slego. Questo grazie ai tanti strati di sutura e alla forte autosufficienza con cui ho cucito le mie numerose ferite emotive.
Questa è una cosa che il mio ex marito aveva capito perfettamente: “tutti sono necessari nessuno è indispensabile” è il mio stile di vita.
In questa dichiarazione, lui – che aveva bisogno di sentirsi fondamentale – tristemente si specchiava. Non gli ho dato vita facile! a lui, al suo narcisismo covert ossessivo & bipolare…e proprio lui che necessitava conferme verso se stesso, al contrario riceveva confermato il fallimento: “col tuo comportamento mi mostri di continuo che non hai bisogno di me”, frase tipica.
Ed era vero: so cavarmela completamente da sola in tutto.
Mi spiace, se ve lo state domandando, no, non riesco ad esserne pentita: a me sta bene, così.
Sbriglio le manette dei miei sentimenti che il mago Copperfield ha preso da me lezioni private; e metto le carte giù come al World Series of poker, con una scala reale di non mi servi, chiudo qui, molte grazie ma no grazie.
Nell’altro cerco e desidero che aggiunga valore alla mia vita con la sua; che la sua presenza sia per me importante che mi dia sicurezza tipo muro di cinta al castello: protegge la città ed è importante averlo ma alle brutte lo abbatti e ne fai un altro, tanto c’ho il fossato coi coccodrilli miei.
Importante il giusto, quindi: si ma anche no.
Tirarmi velocemente indietro e slegarmi dai sentimenti è un’arte, tanto quanto l’autosufficienza è un’arma: va tenuta eventualmente in vista ma non troppo, perché il rischio è fare paura…e non sempre voglio fare paura. Ad esempio, per ora voglio che l’uomo che ho oggi al mio fianco non scappi, perché la sicura della mia arma si sblocca in automatico appena mi si attiva qualche campanello di allarme quindi vigilo su di me, prima che accidentalmente parta un colpo.
Per questo negli anni ho imparato ad essere sempre col sorriso anche quando i miei stati di allerta si attivano.
Perchè “in allerta ma col sorriso” è meglio.
Accade che puoi trovarti di fronte a tua insaputa, una donna sorridente..ma armata..e che tu non ne hai coscienza, ma in un attimo arretra in una posa interiore da John Wayne, che manco Sergio Leone. Ad esempio, succede se sento sfiorare una delle ferite che ho dolorosamente  e faticosamente ricucito, in più strati di sutura.
Come funziona? Molto semplice..ogni volta che ricevo una frase tenera del tipo “mi prendo cura io di te”, una morsa mi fotte lo stomaco, si accendono i miei campanelli di allarme, si attiva l’alert sullo screen-saver cerebrale, scatta la sirena antiaerea: ed è inutile far finta di essere supereroi, nessuna di noi lo è. Invece di pensare “uh che bello quanta tenerezza” il pensiero dominante è alza l’armatura, pericolo imminente.
Ma sorrido sinceramente.
E so che emotivamente sto per fare un passo indietro.
Anche se resto felice.
Si ma anche no.
No, non è follia, no, non è disfunzionale. Anzi è estremamente funzionale al monitoraggio delle mie emozioni.
[conoscete la ruota delle emozioni?..ne parliamo un’altra volta]
Ho appreso e lo condivido con voi, che non si lancia il cuore al di là del muro senza sapere se lo butti ai rovi.
O senza sapere a quale distanza devi lanciarlo perchè non venga divorato; o perchè non si rompa del tutto; o perchè non sia io stessa coi miei infallibili errori, a causarne la distruzione.
Qualcuno direbbe “meglio non rischiare affatto! meglio smetterla coi sentimenti!”..ma assolutamente no. Anzi.
Per altro sui sentimenti sarebbe irrealistico senza contare che porsi questo limite è controproducente e lesivo su diversi livelli della propria vita: la paura non è una buona consigliera e agire se stessi sulla paura costruisce mostri e patologie.
Il mio compagno potrebbe smettere di dirmi quelle frasi..e sarebbe terribile.
Non lo vorrei.
Mi piace la sensazione che provo quando le dice ma se diventassi dipendente da quel piacere, quello sì, sarebbe un problema:

la dipendenza dal piacere è proprio come una droga, la cosa più difficile da abbandonare, per questo in tante restano incagliate in un nulla..

la cosa migliore – e di certo spero avvenga così, è affiancare le piacevoli parole con un sacco di fatti.
Le belle parole non sono MAI un motivo valido per lanciare il cuore oltre il muro.
Quindi agisco la mia gestione della paura-di-essere-ferita, resistendo – e abbandonando – l’impulso di allontanarmi emotivamente: mi impongo di stare ferma e zitta.
Di rispondere al mio pensiero dominante con “attendi e osserva”.
E sorridi.
Di dare fiducia alla mia capacità di osservazione, di non discuterla ma anche di non sovrastrutturarla con spiegazioni su eventi, guidate da quello che mi piacerebbe vedere – e che se avvenisse per davvero, dovrebbe confermare le parole.
Di non imbeccare o suggerire azioni – guidata dalla dipendenza dal piacere confermatorio e non biasimare se non avvengono o se non avvengono come le farei io.
In questo modo mi restituisco consapevolezza, per poter anche accettare che se un uomo “non mi piace come si comporta” ma resto ugualmente, sono problemi miei: non sbaglia lui, sto sbagliando io.
E che non devo cambiare nessuno tanto quanto nessuno ha diritto di provare a pensare di cambiare me.
Per questo motivo non si dovrebbe confondere l’amore con l’attrazione, il sentimentalismo coi sentimenti, l’empatia col crocerossismo, le emozioni che vanno e vengono, guidate da interpretazioni e metapensieri  spesso tipicamente femminili, con l’evidenza, l’obiettività, le parole dette per davvero piuttosto che quelle supposte. 

Non si dovrebbe confondere i legami con i legacci, di cui i secondi lasciano impiccati mentre i primi si possono sciogliere senza che nessuno muoia, solo perché va bene così.

Vogliate bene al vostro cuore ricucito, non temete che batta ancora, ma non regalatelo, non svendetelo, aspettandovi che qualcuno al posto vostro lo protegga e lo metta se necessario in salvo.
Non sto dicendo che sia facile, ma che è possibile e se volete che vi aiuti ad imparare a sbrogliare il casino che sentite dentro, posso farlo.
Ed anche voi sorridete regine, la vita è bella.
[Ascolto in cuffia 8D]